La necessità di una presa di coscienza

La Tunisia dei laureati disoccupati, degli investimenti mancanti e di uno Stato che fa finta di non capire il proprio ruolo. Intervista a Salem Ayari – rappresentante di “Union diplomés chomers” di Tunisi

di Denisa Savulescu

 

Nonostante la nuova Costituzione sia stata accolta dai più come un importante vittoria lungo il difficile cammino post-rivoluzionario c’è chi ancora manifesta davanti ai ministeri per bloccare la firma di una legge che non riflette gli ideali democratici reclamati in Place 14 Janvier nel 2011. Questi giorni i rappresentanti dell’UDC hanno bloccato tutti i lavori che si stanno svolgendo in 24 uffici nazionali del Ministero dell’Istruzione Pubblica, per fermare la firma di una legge che stabilisce le modalità di selezione e assunzione del personale in senno a tale ministero, dal momento che non risultano chiare né complete le modalità di selezione.

Diritto al lavoro, lotta alla corruzione, alleggerimento del sistema burocratico tunisino, reale meritocrazia che dovrebbe caratterizzare i concorsi pubblici e la creazione di posti di lavoro sono alcuni degli obiettivi dell’UDC e di altri enti che trattano il mondo del lavoro. L’Unione ha proposto la creazione di un organo di controllo a livello statale che garantisca il rispetto della legge e della meritocrazia nell’ambito della creazione di posti di lavoro statali. Sono necessari di investimenti statali e privati, investimenti che però vanno controllati onde evitare l’egemonia delle grandi imprese capitaliste sul sistema economico tunisino. Per un aumento del benessere collettivo lo Stato deve essere garante di equità, efficienza ed efficacia per quanto riguarda il giusto impiego di queste somme di denaro. Devono essere messe in atto politiche fiscali e monetarie tali da attrarre investitori stranieri, senza però dimenticarsi della difesa dei diritti dei lavoratori e della previdenza sociale; provando a creare posti di lavoro stabili nei settori più produttivi. Gli investimenti vanno indirizzati verso settori capaci di assorbire la grande percentuale di disoccupati, come ad esempio l’agricoltura. Un settore primario ben organizzato e strutturato, con i giusti investimenti, sarebbe in grado di rendere la Tunisia autosufficiente dal punto di vista delle risorse alimentari di base.

Ma si parla di giovani, decine di migliaia di giovani laureati, che una volta usciti dalle università si vedono obbligati ad accettare contratti bimensili che raramente vengono rinnovati, senza la possibilità di potersi staccare dalla famiglia per potersi creare un futuro ed una famiglia propria. Allo stesso tempo però il sindacato incoraggia i disoccupati con determinate competenze di provare a crearsi un attività economica propria, così da poter offrire un lavoro a se stessi e a chi si trova nella loro situazione.

Il funzionamento e le regole che disciplinano l’apparato statale e tutto ciò che ne deriva sono gli stessi di 3 anni fa, sono cambiati i nomi e la composizione della classe politica ma il “sistema paese” è rimasto invariato. La Pubblica Amministrazione va riformata per venire incontro alle necessità dei cittadini affinché non continui a salvaguardare gli interessi clientelari a discapito della società tunisina. L’economia informale e quella sommersa hanno un’enorme peso nella produzione di ricchezza che sfugge alla contabilità nazionale. Laddove lo Stato e l’economia legale non arrivano, o non hanno interesse ad operare, si cerca la redistribuzione delle ricchezze attraverso queste modalità alternative.

Dopo la caduta di Ben Alì dall’estero arrivarono ingenti quantità di denaro per la riedificazione della società civile, per le associazioni, per i vari progetti di ricostruzione. Capitali che però dovevano necessariamente passare prima nelle mani dello Stato tunisino e da dove in seguito non sono mai arrivati ai reali destinatari. Ciò conferma la realtà dei fatti: il desiderio di un cambiamento radicale sale dal basso verso l’alto. Purtroppo però finché la classe politica non verrà realmente rinnovata e resa cosciente di quello che è il suo dovere principale, cioè rispondere prontamente ed adeguatamente a quelli che sono i bisogni della popolazione, la rivoluzione non avrà raggiunto i suoi scopi.

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